Shila Behjat
Söhne großziehen als Feministin. Ein Streitgespräch mit mir selbst
[Crescere i figli maschi da femminista. Una discussione con me stessa]
- Carl Hanser Verlag
- Monaco di Baviera 2024
- ISBN 978-3-446-27808-0
- 200 pagine
- Contatto della casa editrice
Uomo, donna, essere umano: come possiamo vivere meglio insieme in futuro
Bella domanda! Innanzitutto ricapitoliamo: Shila Behjat confessa di trovarsi di fronte a un dilemma, ora che deve crescere i propri figli: che tipo di uomini vogliamo? E quali controproducenti ruoli di genere seguiamo quando li educhiamo? Quello di Behjat non è un manuale di educazione rivolto ai genitori, bensì un libro dove riflette su se stessa e gli altri e, sorprendentemente, parla poco dei suoi due figli. Essi piuttosto rappresentano il punto di partenza per parlare del tentativo di educare i maschi alle stesse virtù che ci si aspetta dalle femmine e di cui la società approfitta da secoli. Solo chi ha imparato l’empatia è in grado di “aprire spazi per altri anziché monopolizzarli”, scrive Behjat. Salvo obiettare subito dopo che, come madre, vorrebbe comunque che i suoi ragazzi avessero un “istinto omicida”, che fossero in grado di distribuire colpi bassi e incassarne altrettanti. Ma non sono proprio i tipi del genere l’espressione di un problema di predominio e di trionfalismo maschile, e non dovrebbero essere eliminati per questo motivo?
La risposta della generazione del “Girl Power”, che a partire dagli anni ’90 ha conquistato un ambito maschile dopo l’altro, è di un’onestà disarmante: “Gli uomini che tanto desideriamo combattere e sconfiggere sono gli stessi che in realtà dovrebbero ammirarci, sceglierci. È questo il problema dei gatekeeper, che dominano tutti i settori e sono principalmente maschi, bianchi e per lo più eterosessuali”.
È comprensibile, dunque, quanto sia diventato complesso il compito di una madre nei confronti di se stessa e dei propri figli. Da un lato, si suppone che lo svolga al massimo secondo i parametri consolidati e, dall’altro, che rompa con le strutture di potere. In ogni caso, i padri devono continuare a essere dei “papà calciatori” che assicurano ai loro figli la pole position nei circoli sportivi, e le madri devono diventare campionesse mondiali nella lotta per trovare il migliore asilo a tempo pieno. Il femminismo stesso diventa una questione di potere, non di uguaglianza di genere.
È in questa consapevolezza che risiede il valore emancipatorio di questo libro. L’autrice invita il femminismo a valorizzare le cosiddette “virtù femminili” all’interno della società, invece di sottometterle ancora una volta a una logica di competizione e di forza di affermazione capitalistica. Gli uomini devono imparare che la cura e l’assistenza, la considerazione e l’empatia non sono solo abilità che portano felicità, ma sono anche apprezzate.
Partendo da uno studio decennale sul rapporto tra pianificazione familiare e carriera condotto tra le donne statunitensi, il premio Nobel per l’Economia Claudia Goldin dell’Università di Harvard ha constatato che, anche in un’epoca di apparente parità fra sessi, la maggior parte delle donne ha sì le stesse opportunità di lavoro degli uomini, ma le sfrutta molto meno. Il motivo? La tendenza a considerare il tempo come una risorsa. Molte donne scelgono un lavoro meno impegnativo per avere tempo da dedicare alla famiglia, presente o futura. Il famoso gender pay gap, quindi, avrebbe più a che fare con le priorità femminili che con una politica discriminatoria da parte delle aziende. Un risultato dello studio che non mancherà di infastidire molte femministe. “Nel dibattito pubblico è stata tracciata una linea netta fra maternità, essere donna e soprattutto femminismo”: è questa la critica che Behjat rivolge alle sue compagne di lotta, chiedendo che questi aspetti vengano riuniti. Perché come si possono crescere dei figli maschi che apprezzano il mondo femminile se persino alcune parti del femminismo sono antifemministe?
“A partire da una certa età la femminilità viene vista come un’influenza inappropriata nei maschi, e questo proprio nel momento in cui cominciano a diventare uomini” Behjat si chiede con sospetto quando anche i suoi figli inizieranno a considerare l’aiuto in casa un’“attività inferiore” o a vedere nelle premure elargite da una madre la naturale espressione della femminilità e nelle premure ricevute un’espressione della mascolinità.
Il libro di Behjat non offre ricette miracolose, ma mette l’accento su un punto, ovvero la forza che emana da innumerevoli biografie femminili e che non deriva da azioni individuali, bensì dalla cooperazione, da una visione a 360° e dalla disponibilità ad aiutarsi l’un l’altro. “Non sono io a dover essere liberata dalla cura dei miei figli, ma la cura dei figli dalla sua cattiva reputazione”, scrive l’autrice. Ciò tuttavia richiede un processo di “disincanto” sociale del lavoro retribuito, che molti padri ancora perseguono in una misura che mal si concilia con le esigenze di una famiglia. “Solo allora sarà possibile, almeno per me, liberarmi del carico mentale di un lavoro non retribuito e costantemente inosservato: quello per la famiglia”, continua l’autrice. Shila Behjat dimostra che il femminismo nel tardo capitalismo è una questione di libertà di costruzione sociale e che questa, a sua volta, può essere percepita solo al di là degli stereotipi di genere.

di Katharina Teutsch
Katharina Teutsch è giornalista e critico culturale. Scrive, tra gli altri, per Frankfurter Allgemeine Zeitung, die Zeit, das Philosophie Magazin e Deutschlandradio Kultur. È membro della giuria del Leipziger Buchpreis.
Scheda della casa editrice
Shila Behjat ha elaborato il suo modo di essere femminista attraverso innumerevoli esperienze e si batte per un mondo in cui gli uomini non siano più la misura di tutte le cose. Ora è madre di due figli maschi che nella vita di tutti i giorni mettono in discussione molti modelli di riferimento. In modo personale e molto toccante, Behjat utilizza situazioni quotidiane per spiegare come la vita con due ragazzi adolescenti abbia cambiato il suo atteggiamento femminista e colloca le sue esperienze e i suoi pensieri nei dibattiti del nostro tempo. In questo modo, affronta questioni di uguaglianza a lungo trascurate che riguardano non solo i genitori, ma la società nel suo complesso. Un esordio costruttivo, autocritico e molto commovente che dimostra che è giunto il momento di mettere in discussione … noi stessi!
(Testo: Carl Hanser Verlag)