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Pane e salsiccia di fegato o baklava?

Laura Cwiertnia, Andrea Roedig, Edgar Selge, Lin Hierse
© Klett-Cotta, dtv, Rowohlt, Piper
Nuovi debutti dalla Germania: tre autrici e un autore analizzano le loro origini

di Maike Albath

Nell'immediato dopoguerra, la madre tedesca era una certezza assoluta. Doveva essere presente per il marito e i figli, allestire un grazioso tavolo per il caffè e garantire la coesione famigliare. La facciata doveva risplendere, le ferite venivano sommariamente nascoste. Ma l'incertezza era grande: le esperienze della guerra continuavano a echeggiare sullo sfondo e facevano cedere le relazioni attentamente calibrate. Nel suo avvincente romanzo d'esordio autobiografico Delle madri non ti puoi fidare, Andrea Roedig racconta la storia di sua madre Lilo, nata nel 1938. Vittima lei stessa di abbandono e violenza domestica durante l'infanzia, aveva sviluppato una freddezza emotiva sconvolgente che la rendeva incapace di rapportarsi con amore alla figlia e al figlio. Il suo comportamento era invece caratterizzato dalla malvagità. Senza alcun motivo comprensibile, portava via l'animale giocattolo alla piccola Andrea e la terrorizzava regolarmente. Andrea Roedig, nata a Düsseldorf nel 1962 e giornalista esperta, scopre le sue carte fin dall'inizio: non ha mai capito sua madre, che ha abbandonato famiglia quando l'autrice aveva dodici anni. Da fredda cronista della sua infanzia, vuole ricostruire la natura disastrosa delle sue origini, almeno in retrospettiva. Ma quando le cose hanno cominciato ad andare male?
 

Andrea Roedig, Man kann Müttern nicht trauen © Markus Rössle

La madre Lilo avrebbe potuto essere in pace con se stessa dato che aveva avuto la fortuna di raggiungere una notevole posizione sociale: da commessa in un negozio di moda era diventata un capo rispettabile dopo aver sposato un macellaio residente da lungo tempo a Düsseldorf. Ma quando diventa madre, la giovane donna, che non va orgogliosa di nient'altro se non della sua bellezza e del suo fisico sottile, si sente fisicamente minacciata: "Disgusto, vergogna, paura e orgoglio. Queste erano le coordinate del sistema Lilo", afferma Andrea Roedig. A ciò si aggiunge un padre irascibile che si occupa soprattutto delle proprie necessità. Ciò che lo lega alla moglie è il bere e la sfacciataggine con cui fanno andare tutto in malora. Anche se Andrea Roedig ne avrebbe tutte le ragioni, Delle madri non ti puoi fidare non rappresenta una rabbiosa resa dei conti, ma piuttosto un bilancio tagliente. Il suo salvatore in questo inferno familiare della Germania occidentale è il fratello minore.

La solidarietà tra fratelli è fondamentale anche per l’io-narrante dell'esordio autobiografico di Edgar Selge, Finalmente ci hai trovati. Selge, nato nel 1948 e uno dei migliori attori tedeschi, dedica il suo libro, che non ha una designazione di genere, ai suoi fratelli. "I miei fratelli sono la mia porta sul mondo", dice a un certo punto. Il libro è ambientato a Herford, dove il padre, procuratore capo, è direttore di una prigione e vive con la moglie e i figli nei pressi del carcere minorile. Con una formidabile commistione di serietà e di profondo umorismo, Edgar Selge descrive la vita quotidiana della famiglia appartenente alla classe media istruita, dove i detenuti non costruiscono solo mobili, ma, per motivi educativi, devono anche partecipare ai concerti casalinghi. Al mattino si organizza uno spettacolo speciale per i giovani, mentre la sera si fa musica per gli amici e i dignitari della piccola città.
 

Edgar Selge, Hast Du uns endlich gefunden © Martin Kraft (photo.martinkraft.com), CC BY-SA 4.0 [creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0/de], via Wikimedia Commons

"Ora sono seduto qui a scriverlo", commenta il narratore la sua impresa. "Spero di non sparire tra le frasi. Più sono preciso, più divento estraneo a me stesso". E poi l'eroe e narratore ripercorre gli avvenimenti della sua infanzia, che racconta con grande vivacità, e descrive le consuetudini degli anni Cinquanta della restaurazione. L‘adempimento del dovere caratterizza l'atteggiamento dei genitori, che vigilano con severità sui loro cinque figli. La morte accidentale del primogenito, ucciso da una bomba a mano mentre gioca, è difficile da sopportare. Edgar getta al vento le rigide regole, va di nascosto al cinema e scopre il potere delle bugie credibili. I fratelli più grandi si confrontano presto con l’atteggiamento conciliante del padre e della madre durante il periodo nazista e con il loro antisemitismo. Gli abissi si aprono di continuo, come, ad esempio, il piacere nascosto del padre nel castigare il figlio indisciplinato, che molesta anche sessualmente. Tuttavia, nonostante tutte le ambivalenze, il toccante libro di Edgar Selge trasmette quanto profondo e sfaccettato fosse il legame con i suoi genitori.

Il padre è la figura centrale del romanzo Per la strada abbiamo un altro nome di Laura Cwiertnia. L’autrice, nata a Brema nel 1987 da madre tedesca e padre armeno e vice caporedattrice del settimanale Die Zeit, elabora le proprie esperienze ma le intreccia in un tessuto narrativo. La sua eroina si chiama Karla, che già da bambina avverte le lacerazioni della generazione dei suoi genitori. A Brema-Nord è considerata turca anche dai suoi amici, con i quali si ritrova alla fermata dell'autobus, da un lato perché suo padre è nato a Istanbul, ma dall’altra parte non lo è. Ma allora chi è lei? "Le parole sono diventate un muro tra lei e il resto della famiglia", si legge a un certo punto, poiché il padre non parla turco con lei. Il fatto che gli armeni abbiano una storia completamente diversa sembra essere qualcosa di cui è meglio non parlare. Tuttavia, il genocidio armeno del 1915 caratterizza anche la sua famiglia. Quando la nonna Maryam muore e le lascia un braccialetto, il gioiello diventa una missione: spetta alla nipote recarsi in Armenia e consegnare il pegno a una donna di nome Lilit, di cui nessuno sa nulla. Karla convince il padre Avi, che non ha mai messo piede in Armenia, ad accompagnarla. Il viaggio porterà a delle scoperte per entrambi.
 

Laura Cwiertnia, Auf der Straße heißen wir anders © Marlena Waldthausen

L'autrice alterna abilmente le prospettive narrative e spezza ripetutamente la cronologia degli eventi: in flashback, Karla racconta il destino di sua nonna Maryam, recatasi a Istanbul e poi reclutata come lavoratrice in Germania. In Armenia, Karla non solo scopre le origini della sua famiglia, ma conosce anche altri aspetti di Avi. Laura Cwiertnia fa luce con grande sensibilità sul rapporto padre-figlia e descrive come le ingiustizie subite si cristallizzano e si tramandano di generazione in generazione.

Come per Laura Cwiertnia, anche il romanzo di Lin Hierse Sogni di Giada inizia con un funerale. I rituali funebri della nonna, nata nel 1923 a Shoaxing, diventata poi nel corso della vita della donna la metropoli di Shanghai, rappresentano il punto da cui parte l’io narrante senza nome per affrontare la questione dell'appartenenza. L’autrice partecipa alle cerimonie per la sua A'bu, la nonna, e imita il comportamento dei parenti, ma si sente comunque una ladra. Lin Hierse, nata a Braunschweig nel 1990 da madre cinese e redattrice al quotidiano taz, racconta in modo teso e vivido la storia di un profondo conflitto interiore. Anche se il suo cinese è inadeguato, la sua eroina ventisettenne sente un profondo legame con il Paese che sua madre ha lasciato per motivi poco chiari: "Ma avrebbe potuto avere una vita migliore in Cina, ma lei ne voleva soprattutto una diversa”.
 

Lin Hierse, Wovon wir träumen © Linda Rosa Saal

La giovane donna indaga lo sradicamento della madre, che sembra averla prostrata e trova espressione in frequenti svenimenti. Dopo un'infanzia protetta in Bassa Sassonia, la ragazza ha preso da tempo la sua strada a Berlino, ma continua a essere in vigore una complessa serie di regole interiori: non c'è da stupirsi se spende molte energie per fare costantemente il contrario di ciò che sua madre avrebbe voluto. Tuttavia l’ansia da separazione della madre condiziona anche lei. All’eccesso di affetto, che è anche una forma di controllo, lei reagisce con la paralisi. Una reazione che difficilmente potrebbe essere più simbolica. Deve persino subire la critica materna per un nuovo taglio di capelli che non piace alla madre. Alla fine, la coppia madre-figlia riesce a trovare un nuovo equilibrio tra intimità e distanza.

Tutti e quattro i romanzi di debutto dimostrano che le origini rappresentano un terreno molto fertile. E la Germania può essere estranea quanto la Cina: la necessità di liberarsi dalle strutture familiari e di trovare il proprio posto è un compito universale. Per questo motivo, questi romanzi sono stati selezionati anche per la serie “Nuove voci tedesche”, tradotti in italiano da giovani traduttrici con il sostegno di Litrix.de e della Fondazione Vera e Volker Doppelfeld. I quattro libri saranno presentati per la prima volta al pubblico italiano nell'ambito della rassegna degli ospiti d'onore dei Paesi di lingua tedesca al Salone Internazionale del Libro di Torino dal 9 al 13 maggio 2024.


Maike Albath, giornalista e critico letterario, lavora per le emittenti radiofoniche Deutschlandfunk e Deutschlandfunk Kultur. Scrive inoltre per la «Süddeutsche Zeitung». Con la casa editrice Berenberg Verlag ha pubblicato i libri Der Geist von Turin (2010), Rom, Träume (2013) e Trauer und Licht (2019).


Traduzione: Goethe-Institut Mailand


Libri
  • Laura Cwiertnia, Auf der Straße heißen wir anders. Klett-Cotta Verlag, Stuttgart 2022.
  • Laura Cwiertnia, Per la strada abbiamo un altro nome. Napoli: Mar dei Sargassi, 2024. Traduzione di Jolanda Balzano e Alessandra Iadicicco.
  • Lin Hierse, Wovon wir träumen. Piper Verlag, München 2022.
  • Lin Hierse, Sogni di Giada. Como: Ibis, 2024. Traduzione di Federica Garlaschelli.
  • Andrea Roedig, Man kann Müttern nicht trauen. dtv, München 2022.
  • Andrea Roedig, Delle madri non ti puoi fidare. Milano: VandA edizioni, 2024. Traduzione di Scilla Forti.
  • Edgar Selge, Hast du uns endlich gefunden. Rowohlt Verlag, Hamburg 2021.
  • Edgar Selge, Finalmente ci hai trovati. Milano. Carbonio editore, 2024. Traduzione di Angela Ricci.