Sasha Marianna Salzmann
Im Menschen muss alles herrlich sein
[Nell’uomo tutto deve essere magnifico]
- Suhrkamp Verlag
- Berlino 2021
- ISBN 978-3-518-43010-1
- 384 pagine
- Contatto della casa editrice
Pubblicato in italiano con il sostegno di Litrix.de
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Della fine della magnificenza
Di famiglia ebraica, nata a Volgograd nel 1985, cresciuta a Mosca ed emigrata in Germania all’età di dieci anni, dopo aver intrapreso la carriera di pugile Salzmann ha studiato lettere e storia del teatro, e in breve tempo è diventata autrice teatrale e drammaturga di successo.
Dal 2013 è autrice della casa editrice Suhrkamp e per due anni, fino al 2015, ha diretto il Teatro studio del Maxim Gorki Theater di Berlino, che in quel periodo, grazie ad allestimenti sperimentali a sfondo politico, stava diventando un forum culturale «postmigratorio».
Quando dunque uscì il suo romanzo d’esordio, Fuori di sé (Außer sich, Suhrkamp 2017; trad. it. Marsilio 2019), Sasha Marianna Salzmann, che si definisce non binaria, era già una figura di primo piano: il romanzo, molto celebrato, è stato definito «un percorso temerario e ben riuscito in bilico tra identità culturale e sessuale», è risultato vincitore di diversi premi letterari ed è stato tradotto in sedici lingue.
Anche il suo nuovo romanzo, In un uomo tutto deve essere magnifico, ha suscitato interesse ed è stato selezionato nella longlist del Deutscher Buchpreis. Se in Fuori di sé Salzmann trasferiva la propria stessa biografia nell’odissea di una relazione quasi incestuosa tra due gemelli che - con lo sguardo rivolto alla storia secolare di una famiglia di ebrei russi, partendo da Mosca e passando per la provincia della Germania occidentale prima e Berlino poi, approda a Istanbul -, nella sua ultima prova ha invece approfondito narrazioni e testimonianze altrui. Al centro del suo raffinato racconto, che nel descrivere la fine dell’Unione Sovietica mette sulla pagina prospettive molteplici, ci sono quattro donne. I temi principali: quanto la caduta di un sistema incide sulla vita di un singolo individuo e come, per chi è emigrato, sia difficile ritrovare un’identità in un paese che non potrà mai diventare veramente casa.
Lena è medico, Tatjana fa la parrucchiera: entrambe sono arrivate a Jena dall’Ucraina a metà degli anni Novanta e sono diventate amiche. Ognuna ha avuto una figlia, che è ormai cresciuta: da questo punto di partenza, molto ricco di spunti psicologici, si sviluppa l’altro grande tema del romanzo.
Se Lena e Tatjana cercano di elaborare le loro perdite, le figlie subiscono invece lo sradicamento della generazione dei loro genitori. Edi, per certi tratti alter ego dell’autrice, arranca con il suo lavoro di giornalista, mentre Nina, che è nata in Germania, soffre della sindrome di Asperger e si rinchiude nel suo mondo interiore. Attraverso di loro, il romanzo mette in luce la radicale differenza di prospettiva con cui due generazioni a confronto guardano al passato e al presente, l’incompatibilità di esperienze e percezioni, l’incapacità di parlarsi e la lotta per arrivare a un’empatia reciproca, al di là dell’orizzonte geografico e storico-temporale.
La citazione tratta dallo Zio Vanja di Čechov che dà il titolo al romanzo trova nella trama una risonanza ambivalente: da un lato è il motto moraleggiante a cui i fedeli al sistema si rifanno negli ultimi anni dell’Unione Sovietica; dall’altro, durante la Perestrojka, quando l’intransigenza diventa incertezza esistenziale e l’ultimo residuo di utopia sociale svanisce, assume una sfumatura sarcastica.
La prosa narrativa di Sasha Maria Salzmann, immaginifica e al contempo accessibile, combinata all’abilità tipica dell’autrice di teatro nel tratteggiare i suoi personaggi e nello sviluppo della drammaturgia, è in grado di rendere con intensità questo cambio di direzione, traducendolo in modo vivido, addirittura palpabile.
Tradotto da: Fabio Cremonesi

di Kristina Maidt-Zinke
Kristina Maidt-Zinke, critica letteraria e musicale, scrive per la Sueddeutsche Zeitung e collabora alla pagina dei libri della Zeit.
Scheda della casa editrice
Come si può essere «magnifici» in un paese dominato da corruzione e repressione, dove solo chi si sottomette a un regime restrittivo sopravvive?
Come si può elaborare questa esperienza senza poterne mai parlare, neanche dopo aver lasciato il paese, e neppure con la propria figlia?
«Cosa vedono quando, con i loro occhi sovietici, attraverso le tende guardano il cortile di una città della Germania dell’Est?» si chiede Nina, pensando alla madre Tatjana e alla sua amica Lena, che hanno lasciato l’Ucraina a metà degli anni Novanta per approdare a Jena e ricominciare tutto da capo. Edi, la figlia di Lena, ha rinunciato da tempo a fare domande, lei non vuole avere più niente a che fare con le proprie origini. Fino a quando il cinquantesimo compleanno di Lena non riunisce le quattro donne, che non possono che riconoscere di condividere la stessa storia.
Seguendo il percorso di quattro esistenze, nel suo nuovo romanzo Sasha Marianna Salzmann racconta dei rivolgimenti che hanno contraddistinto gli anni dal «tritacarne» della Perestrojka fino alla Germania di oggi. Racconta del crollo di un sistema e di uomini che vengono risucchiati dagli eventi, e coglie l’indissolubilità dell’intreccio tra le generazioni, al di là dei tempi e dei luoghi. Lo fa con immagini vivide, grande empatia e straordinaria intensità.
(Testo: Suhrkamp Verlag)