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Buchcover Eravamo come fratelli

Daniel Schulz Wir waren wie Brüder
[Eravamo come fratelli]

Sovvenzioni per le traduzioni
Diritti già venduti

Un clima violento

Daniel Schulz è nato a Potsdam nel 1979 e cura la sezione “Ricerca e reportage” del quotidiano berlinese taz. Per un articolo uscito nel 2018 e intitolato come il suo romanzo d’esordio è stato nominato per il Deutscher Reporterpreis. Nel suo reportage Schulz, cresciuto in Brandeburgo, descrive lo sgretolarsi della DDR e delle sue strutture dal punto di vista di un adolescente, le conseguenze che ebbe per le persone rimaste fuori dal mercato del lavoro, il passaggio a quell’epoca che ormai nell’uso comune ha preso il nome di “anni delle mazze da baseball”: un cambiamento di rotta verso orientamenti di estrema destra o neonazisti, che hanno rappresentato un terreno fertile per molti fenomeni che ci danno del filo da torcere ancora oggi.
Il timore che il romanzo possa essere una sorta di reportage dilatato svanisce alla lettura delle prime righe, perché è chiaro fin da subito che abbiamo a che fare con un autore che ha trovato una prospettiva letteraria, un linguaggio letterario, uno scrittore con una sua particolare sensibilità drammaturgica. “Ho acciuffato il mio primo nazi.” Il romanzo comincia così. Il narratore, che ormai si aggira sulla ventina, si trova nella S-Bahn – la ferrovia urbana – di Berlino, quando, nella testa di un altro passeggero, il cui look rivela apertamente l’identità neonazi, scatta qualcosa che l’io narrante chiama il “sensore degli hippie”: capelli lunghi, occhiali, giacca di lana. Una potenziale vittima. Ciononostante, la serata si chiude con il neonazi dalla testa rapata steso a terra sanguinante e il narratore che finisce in questura. Fine del preambolo, un salto indietro al 1989, l’anno in cui crollò uno Stato e molte altre cose presero avvio. Il protagonista di dieci anni vive con i suoi genitori in una cittadina fittizia del Brandeburgo e ha buon occhio per i mutamenti, per il prima e il dopo.
Si potrebbe pensare di aver letto reportage e testimonianze a sufficienza su questo periodo per comprendere come nella Germania dell’Est poterono prendere forma, del tutto indisturbate, vere e proprie strutture di violenza di estrema destra. Ma il ritratto che Schulz fa di quell’ambiente sociale, descritto nell’arco di undici anni, non è soltanto un romanzo avvincente, bensì un libro illuminante: i neonazi, le bande di picchiatori, non sono comparsi nella provincia della Germania dell’Est come fossero ufo, ma sono scaturiti quasi naturalmente e organicamente da un insieme di disperazione e opportunismo. Ciò che Schulz rappresenta nel suo microcosmo è un grande e vasto processo di trasformazione sociale. Un mondo in cui le canzoni di Matthias Reim e quelle dei Böhse Onkelz convivono con pari diritti, fatto che possiamo leggere come una metafora efficace: tra il bene e il male non esiste un confine netto.
Nel giro di poco tempo il clima sociale si trasforma a un ritmo vertiginoso, essendo sempre più evidente che le promesse di salvezza e benessere, nella migliore delle ipotesi, erano solo un grande abbaglio. Persone che un tempo avevano un lavoro entrano in uno stato depressivo o devono imparare un altro mestiere, cosa che in un ex Stato di operai equivale alla perdita della propria identità. Nel frattempo aumentano la violenza, la xenofobia e l’aggressività. Discoteche, laghi balneabili, centri per profughi: non ci sono più luoghi sicuri. Anche il protagonista deve decidere chi frequentare, cosa dire e cosa tacere. E come rapportarsi con Mariam, sua compagna di scuola proveniente da una famiglia georgiana, che affronta la nuova situazione tedesca (orientale) con atteggiamento imperturbabile.
La pressione e la violenza psicologica irradiate dagli anni successivi alla caduta del muro, ha detto Daniel Schulz in un’intervista, a posteriori gli sembrano più dure e gravose delle botte che aveva incassato a quei tempi. Wir waren wie Brüder non è un romanzo storico; al contrario, sotto molti aspetti rimanda a una serie di continuità. Il titolo del romanzo è una citazione di un brano dei Böhse Onkelz, un gruppo di estrema destra della Germania dell’Ovest, che più tardi ha preso le distanze dal suo passato in maniera poco credibile. In un passaggio del romanzo di Schulz risuona dall’autoradio una cassetta con la loro canzone Danke für Nichts (Grazie di nulla), dove si trovano questi versi: “Non sai da dove vengo / e anche se lo sapessi / non sai che cosa provo / non sai cosa vuol dire / essere me.” Questa è la politica identitaria di estrema destra degli anni ’90. E sembra più attuale che mai.

Tradotto da: Flavia Pantanella
Buchcover Eravamo come fratelli

di Christoph Schröder

Christoph Schröder, classe 1973, lavora come autore e critico freelance tra gli altri per Deutschlandfunk, «Die Zeit» e la «Süddeutsche Zeitung».